Un grido dal cuore quello di Roberta Manfredi, a Salerno per ritirare un premio alla memoria di Nino.
Racconta Roberta Manfredi, figlia del grande Nino e produttrice – a Salerno con il marito, il regista Alberto Simone per presentare alla platea del Festival Un colpo di luna, bella opera prima del ’95 diretta proprio da Simone con il suocero, e per ricevere l’Apollo d’Oro di Salerno 2005 “alla memoria” del papà – che poco tempo fa mentre era dal parrucchiere, uno dei lavoranti, ragazzo venticinquenne, non faceva che chiacchierare della sua voglia di andare in televisione e partecipare al Grande Fratello. Una collega allora gli disse: “Ma lo sai chi è questa signora (indicandola), è la figlia di Nino Manfredi, l’attore; chi meglio di lei ti può dare qualche dritta…”. E lui, sforzandosi di ricordare: “Manfredi, Manfredi…mi dà un aiutino…”.
Roberta lo racconta senza acredine, solo con un senso di malinconica ironia, domandandosi al tempo stesso come sia possibile che un ragazzo venticinquenne non riesca a ricordare di aver visto nemmeno uno dei tanti film, o delle fiction televisive, del papà.
“Alla fine - dice - dopo molti tentennamenti, il ragazzo ebbe finalmente l’intuizione e si ricordò del personaggio di Geppetto nel Pinocchio televisivo. Insomma, anche papà è stato già dimenticato (Nino Manfredi si è spento il 4 giugno scorso a seguito di un ictus. Aveva 83 anni, ndr), anche lui, come gli altri tre ‘Moschettieri’ dello spettacolo italiano, Gassman, Mastroianni e Sordi. E questo non è giusto per la cultura italiana. Non è giusto per le giovani generazioni e per tutti quelli che vogliono avvicinarsi al mondo dello spettacolo. Perché loro sono stati delle pietre miliari, oltre che colonne portanti di un certo tipo di fare il mestiere d’attore”.
E non a caso dice queste parole, Roberta, davanti ad una platea di giovani, ragazze e ragazzi dell’Istituto Tecnico “A. Genovesi” di Salerno che per tutto l’arco della 58ma edizione del Festival sono stati fruitori e protagonisti insieme agli organizzatori e agli attori intervenuti.
Anche l’attrice Valeria Valeri, dice la sua sull’argomento, ricordando come il padre di sua figlia, Enrico Maria Salerno, faccia parte pure lui dei “dimenticati”. E, come la Manfredi, parla di scelte culturali. “D’altra parte, aggiunge ancora Roberta, i tanti film di mio padre e di tutti quelli della sua generazione vengono passati in televisione in orari impossibili. Non ci lamentiamo, poi, se i ragazzi conoscono solo il nome di chi ha vinto La talpa o L’Isola dei famosi e se il loro massimo desiderio è quello di entrare nel mondo dello spettacolo attraverso i reality show o facendo le veline”.
Ovvio, dunque, che in questo mondo di oggi in cui sembra – o ti fanno credere – che esisti solo se appari in televisione, ci sia necessità di scelte culturali coraggiose. Bene fa, dunque il Festival di Salerno, unico nel suo genere, a continuare sulla strada della ricerca e della sperimentazione ma, soprattutto, della cultura e della conoscenza, premiando – magari solo “alla memoria” – attori indimenticabili che le nuove generazioni devono assolutamente conoscere ed apprezzare.
La motivazione del premio andato alla memoria di Nino Manfredi recita: Omaggio riconoscente alla “memoria” ad un attore colto e sensibile, che per oltre 40 anni ha dominato la scena dello spettacolo italiano, fra teatro, cinema e televisione, con intelligenza e creatività, esprimendo con la sua recitazione, plasmata da convincenti sfaccettature interpretative, tutte le sue doti di grande interprete.
Uno dei più validi e significativi attori della commedia italiana, un genere che si è imposto in tutto il mondo, Manfredi ha saputo nobilitarla disegnando personaggi di raro spessore artistico, ora comici, ora grotteschi, ora attoniti nella loro complessità interiore, riuscendo sempre a dimostrare la sua raffinata adattabilità al ruolo ma, soprattutto, la sua profonda e irripetibile umanità.
Un attore che nell’interpretazione dei vari personaggi che ha portato alla ribalta, ha saputo arricchirli di una vena di malinconica timidezza, piccoli uomini che di fronte alle difficoltà della vita sono costretti ad arrendersi, a rinunciare a lottare.
Manfredi, sorretto da una solida preparazione teatrale nella prosa e nella rivista, ha espresso compiutamente le sue doti artistiche oltre che al cinema, anche in televisione, inventando tormentoni gergali (“fusse che fusse la vorta bona”) che ne hanno consolidata la sua popolarità. E’ stato un attore ed un regista (L’avventura di un soldato, episodio di L’amore difficile nel ’62 e Per grazia ricevuta, nel ’71) di primissima cultura, di raffinata sensibilità. Di uno svagato ed ingegnoso umorismo. Ha così onorato con la sua presenza scenica, da tutti rimpianta, lo spettacolo italiano.
Al Festival, sempre nell’ambito dell’Omaggio a Nino Manfredi, oltre alla proiezione del film di Alberto Simone, Colpo di luna, è stato anche presentato da Sky Cinema doc il documentario Nino Manfredi: Nudo d’attore di Massimo Ferrari e Gaia Capurso, prodotto da Cinecittà Entertainment per Sky Cinema, in cui viene focalizzata l’attenzione proprio sulla poliedrica capacità di Manfredi, in grado di “spogliarsi di sé stesso” e “indossare” un personaggio.
Il documentario si avvale di filmati Rai, stralci di interviste a Nino tratti da un altro documentario del figlio Luca (mai visto in televisione, ma proiettato in diverse rassegne e festival), oltre che di filmini di famiglia girati in super 8 che lo ritraggono insieme alla moglie e ai figli. Proiezioni che sono state affollatissime anche da scolaresche, proprio come sarebbe piaciuto a lui.
Teatro